Pittore, scultore bronzista, ritrattista, esperta in tecniche antiche e affresco, Lea Monetti ha seguito la scuola della realtà di P.Annigoni a Firenze negli anni 60 per poi passare agli
affreschi strappati nello studio di B.Saetti.
Ha avuto interessanti approcci con il concettuale ed il materico (vedi catalogo "Premio Giuseppe Friuli 1978"). Il Munari la invito'a presentare le opere su asfalto all'expo di Bologna ma Lea
rifiutò per tornare alla realtà e riappropriarsene, in controtendenza, con raffinate performance pittoriche.
Ha lavorato a Grosseto indipendente da gruppi, con la gall. Aldobrandeschi di E.Micheli dal 1972. Dell '80 è la monografia per la galleria S.Giorgio di Mestre presentata da M. Lucchesi e G.
Viviani.
È passata poi alla gall. "38"di Grosseto e realizzato numerose personali.
È di quel periodo una mostra di affreschi staccati al Cairo, patrocinata dal Ministero degli Esteri.Nel 1988 ha lasciato Grosseto per contratto in esclusiva con G.B.Remo Bianco, grande e famoso
esperto di pittura contemporanea e manager dei fratelli Bueno, R.Squillantini, L.Alinari.
Da allora è stata presente a tutti gli Expo e gli eventi più rappresentativi dell'arte internazionale. (monografia RGB delle edizioni Bora) con quotazione ufficialmente riconosciuta e studio a
Firenze e Pietrasanta. Nel 1996, con R.Bianco direttore artistico di ArteCapital e Telemarket, la Monetti rifiuta il sistema delle vendite televisive e inizia un lungo e solitario percorso di
esposizioni personali che la portano dal museo della B.M.V. di Monaco fino all'Europa settentrionale. E' rientrata a lavorare a Grosseto come pittore e scultore per la "'900 Arte Italiana", la
"Eldek", e "Art Club2" di Roma.
Nel 2000, la 56° personale alla "Accademia dei Georgofili", Firenze. Catalogo dell'Accademia.
Bronzi e nature morte costituiscono il campo previlegiato di questo rientro...
Dicono che i quadri non bastano da soli a presentarsi, o, perlomeno. che non è cosa per una mostra che si rispetti; vorrei credere di si perché, dipingere. è del miei modi di comunicare,
certamente il più veritiero.
E chi dunque può presentare me? Chi mi conosce tanto da poter dire nei suoi scritti più di quanto si possa leggere nella mia anima aperta e incorniciata?
Gli amici, forse. quelli che, nonostante gli anni mi sono ancora amici, ed io, anche se non so niente di me o quasi.
So che venero tutti gli artisti di tutte Ie arti di tutti i tempi. che adoro il violino, Beato Angelico e Masaccio, Leonardo e Caravaggio, Cristo e Withmann.
Shakespeare ed Hesse, l'amore di madre Teresa ed il dolore di Pasolini. Piango la morte degli artisti e quindi degli scienziati, del poeti e di tutti quelli che hanno molto amato.
Mi ha detto il Mantura che la pittura è morta, il suo potere espressivo esaurito. A volte Io penso anch'io, ma ritengo immortale la ricerca dell'arte per l'arte e dell'uomo per l'uomo, ovvero,
dell'arte per l'uomo e dell'uomo per l'arte.
Ho scritto che la misura dell'uomo non è la superficie ma la profondità: Se guardo dentro me ho un senso di vertigine.
La mia radice certa è nella palude. Questo l'ho sempre sentito e ci ritorno ogni volta con fame, con sete. Ci entro dentro trasognata. immemore, come nel grembo di una grande madre.
La mia identità nel padule si disperde e sono tutto: sono lo stato d'animo di un ambiente primordiale. il cielo, l'acqua, il fango, l'airone, iI ramo contorto e disseccato, il cinghiale, il
cavallo. la volpe, Ia lucertola. la formica, il pesce che salta, il bruco.
Se dipingo è solo perché è così grande il godimento della compenetrazione che deve nascere qualcosa e. ogni quadro è figlio mio e della natura e porta i segni di tutti e due.
Dell'uomo non sono curiosa.
Ciò che amo dell'uomo è l'anima. per questo amo gli occhi della gente. L'anima è il mare, la palude, il cielo, l'anima è innocente e universale.
Si dice che nei miei ritratti prendo l'anima delle persone e Ia porto a galla: non è vero (vorrei solo effigiare il mistero).
Come si può dare una forma all'anima della gente? L'anima non ha una forma che può essere definita. Solo i grandi artisti hanno la capacità di realizzare le forme molteplici della propria anima e
questo costa loro un dolore da dannati.
Ciò che ritengo importante è la ricerca di me stessa e la verifica del mio rapporto con Ie cose, questa verifica me la dà Ia pittura. Ciò che dice un quadro finito mi sorprende sempre, perché è
la verità nuda. In questa mostra ho riunito tutti i quadri sul padule che ancora posseggo e sono gli ultimi atti di amore smemorato. Ora temo di essere nuovamente nata dal grande ventre di questa
grande madre che sta morendo.
Gli uomini la soffocano e la sommergono di plastica. catrame. cemento; il mare la divora.
Se prima la palude mi isolava dall'uomo, ora, lei stessa, amaramente me lo ripropone. Dal nostro amore nasce qualcosa di diverso e questa, questa mostra, probabilmente sarà l'ultima testimonianza
di una feticità perduta.
L'esecuzione della crocefissione ancora mi ha riproposto l'uomo. Il Crocefisso schiude gIi occhi per l'ultimo sguardo. Ha il viso di un uomo, amico, compagno, sconosciuto, animale, albero,
innocenza, amore.
A pochi chilometri si lavora per una centrale nucleare.
0uesti quadri rimasti hanno per me quasi il sapore di un sogno.
Lea Monetti